L’attenzione è puntata sul 21 febbraio, quando l’amministratore delegato di Tim, Luigi Gubitosi, presenterà il piano industriale della società. I primi contatti sulla rete unica con Open Fiber sono stati attivati ma ora scende in campo anche Cassa depositi e prestiti, azionista di entrambe le società. Cdp è a favore della rete unica delle telecomunicazioni, ha detto l’amministratore delegato della Cassa Fabrizio Palermo a margine dell’assemblea di Assiom Forex. Le norme per favorire l’integrazione della rete, contenute nel decreto fiscale che oramai sono diventate legge, hanno messo in movimento gli attori di questa partita strategica.
Il pressing di Cdp arriva allora proprio mentre Gubitosi è al lavoro sul piano e l’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, lo pungola affinché faccia chiarezza tra i propri soci, che al momento mostrano due visioni contrapposte sulle modalità e sugli obiettivi di scorporo dei propri asset. Cdp è di certo la società delle reti italiane. Da parte sua l’esecutivo sembra favorevole alla creazione di una rete telefonica fissa unica, che nascerebbe da una fusione tra le rete di Telecom Italia e Open Fiber. Nei giorni scorsi, Il fondo Usa, guidato da Paul Singer, ha fatto sapere come sia auspicabile convocare al più presto un tavolo sull’ipotesi di rete unica tra Tim e Open Fiber.
E intanto è arrivato il via libera condizionato da parte dell’Agcom al piano di spegnimento, di 6.500 centrali su circa 10.400 di Telecom. Il piano di ammodernamento della rete in rame, presentato nel 2017 dall’allora amministratore delegato Flavio Cattaneo, comporterebbe un risparmio di svariate centinaia di milioni – dovrebbero essere circa 350 milioni di euro – tra costi minori per energia, manutenzione e real estate. Il disco verde dell’Autorità, che è arrivato nella delibera da 500 pagine sul mercato dell’accesso e la separazione della rete di Tim, è condizionato alla copertura alternativa in fibra che deve avvenire, per il Garante, 12 mesi prima dello spegnimento delle centrali in rame.
E questo, soprattutto, allo scopo di non danneggiare eventuali operatori alternativi nelle centrali aperte ai servizi di unbundling. Sulla proposta è ora in corso una consultazione di mercato che dovrebbe concludersi a fine febbraio. Quanto ai tempi, secondo quanto già previsto in una delibera Agcom del 2015, nelle centrali che non sono aperte ai servizi di unbundling sono previsti tre anni di preavviso, nelle altre cinque anni.