Un pieno di utili che vale 11 miliardi di dollari ma nessuna tassa da versare al fisco statunitense. È il miracolo-paradosso di Amazon, connesso alla riforma fiscale voluta da Donald Trump, che sta agitando gli animi negli Stati Uniti. Anzi a dire il vero il colosso fondato da Jeff Bezos, malgrado appunto macini profitto per una somma la cui magnitudo è paragonabile a quella della manovra correttiva che potrebbe colpire i contribuenti italiani, avrà un piccolo ma significativo credito fiscale. Al crescere delle polemiche, Amazon ha replicato ribadendo in un comunicato di pagare tutte le tasse dovute nei Paesi in cui opera, e ricordando che le tasse si pagano sui profitti non sugli incassi e i profitti di Amazon sarebbero ancora modesti a causa della competizione nel settore commerciale, dei piccoli margini del settore e dei pesanti investimenti.

La replica ha però sollevato ancora più pesanti interrogativi sulle falle del sistema fiscale Usa e sulla riforma voluta dal presidente Donald Trump. Bernie Sanders, candidato per la Casa Bianca per i Democratici, su Twitter ha scritto: «È ora di cancellare tutti i regali che Trump ha fatto alle grandi corporation». La notizia del «paradosso fiscale» di Amazon era stata pubblicata sul blog JustTaxes, dell’Istituto sulle tasse e la politica economica sulla base dei documenti depositati alla Sec. Vi si evidenziano due cose sorprendenti. La prima è il grande risultato ottenuto nel 2018 da Amazon, che mai prima aveva registrato profitti a doppia cifra: 10,8 miliardi di dollari contro i 5,6 del 2017 (e anche allora, zero dollari di tasse).

La seconda sorpresa è che nonostante i massicci investimenti effettuati, tra il 2009 e il 2018, la creatura di Bezos ha registrato 27 miliardi di profitti sui quali ha pagato un miliardo di tasse. Una aliquota reale del 3 per cento. Tutto rispettando le leggi e e nonostante il Tax Cuts and Jobs Act del 2017 avesse ridotto l’aliquota dal 35 al 21% proprio per incentivare le grandi corporation a versare al fisco il dovuto. Che nel caso di Amazon, per il 2018, sarebbe dovuto essere 2,268 miliardi mentre ha chiuso con un credito di imposta di 129 milioni di dollari. Va detto che la cosa non riguarda solo Amazon. Qualche giorno fa sono stati resi noti i conti di Netflix: la società di Reed Hastings, ha chiuso il 2018 con 845 milioni di profitti per i quali non pagherà tasse. Sarà interessante vedere cosa accadrà agli altri colossi della Silicon Valley.

Di certo c’è che 9 milionari crescono e si arricchiscono, potendo contare su una fortuna che nel 2017 ha per la prima volta sfondato quota 70.000 miliardi di dollari. E Jeff Bezos è sempre più solo in vetta alla classifica mondiale dei paperoni. Il patron di Amazon vale 141,9 miliardi di dollari, vale 49 miliardi di dollari più di Bill Gates e 60 miliardi di dollari più di Warren Buffett. Un balzo che gli ha consentito – secondo i calcoli di Forbes – di consolidare la sua leadership alla guida dei paperoni mondiali, distanziando ancora di più il fondatore di Microsoft e il guru della finanza, relegati al secondo e terzo posto con soli 92,5 e 81,7 miliardi di dollari.

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