La firma è arrivata: Eni è entra nel progetto di fusione nucleare di Commonwealth Fusion Systems e Massachusetts Institute of Technology. Significa che con lo sviluppo industriale di tecnologie per la produzione di energia da fusione sarà possibile tirare fuori il sole da laboratorio. L’investimento dell’Eni nella Commonwealth Fusion Systems (società spinoff del Mit formata da ricercatori e studenti) è pari a 50 milioni di dollari. Stando al nuovo progetto del Massachusetts Institute of Technology, il reattore potrà generare 100 megawatts. Significa che per ogni singolo impulso di 10 secondi produrrà energia per alimentare una piccola città.

Essendo scienziati, non potevano che fissare una rigorosa tabella di marcia, secondo cui entro il 2033 il reattore Sparc del Mit potrebbe dimostrare questa produzione di energia dalla fusione. Tanto per avere un confronto, il progetto Iter (in Francia) prevede di riuscirci entro il 2035. Ecco allora che le attività previste con Commonwealth Fusion Systems si articolano in tre fasi:

  • la prima prevede lo sviluppo di magneti a superconduttori ad alta temperatura
  • la seconda la realizzazione di un reattore sperimentale
  • la terza la costruzione ed esercizio del primo impianto industriale che possa garantire una produzione continuativa e remunerativa di energia da fusione

Facciamo un po’ di chiarezza sulla fusione nucleare

Perché abbandonare i combustibili fossili e puntare su questa forma di energia? Per almeno tre ragioni, spiegano le parti coinvolte: l’azzeramento delle emissioni di carbonio, l’inesauribilità della riserva di energia, l’annullamento dell’estrazione su larga scala e del trasporto di carburanti. E poi, quali sono i vantaggi della fusione rispetto alla fissione che consiste nella rottura del nucleo di un atomo pesante in frammenti di massa minore, grazie all’azione di neutroni nucleo di un atomo pesante? In questo modo, con la rottura del nucleo atomico si liberano grandi quantità di energia e di radiazioni, si innesca una reazione a catena.

Ebbene, sono sostanzialmente quattro: non c’è reazione a catena, quindi è più facile spegnerla; non ci sono scorie nucleari superdurature; non c’è bisogno di materiale fissile come uranio e plutonio; difficile un uso fuori dagli schemi come il terrorismo. Secondo l’amministratore delegato Claudio Descalzi, Eni compie un passo in avanti verso lo sviluppo di fonti energetiche alternative con un sempre minor impatto ambientale. Considera la fusione la vera fonte energetica del futuro, poiché sostenibile, non rilascia né emissioni né scarti ed è appunto potenzialmente inesauribile.

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