Esiste una parte dell’Italia non illuminata dalle luci della ribalta. Eppure è tra i protagonisti della ripresa italiana. Si tratta delle imprese per le quali la crisi italiana e internazionale avviata un decennio ha rappresentato un’opportunità anziché un problema. Hanno infatti mostrato la capacità di innovare e di chiedersi se la strada percorsa fosse quella giusta e hanno puntato sulla riconversione strategica, di processi e di mercati. Hanno quindi avuto la lungimiranza di accumulare, come instancabili formiche nel periodo in cui occorre farlo, margini di vantaggio rispetto ai competitor (spesso multinazionali dai fatturati infiniti) e si candidano a ricoprire il ruolo di protagonisti della prossima fase del ciclo economico.
I 500 artigiani e la sfida alle global companies
Sono allora 500 gli artigiani che, utilizzando una formula che funziona dal punto di vista mediatico, sfidano global companies. Lo scenario e la loro identità sono svelati nel libro “Nuove Imprese – Chi sono i champions che competono con le global companies” di Filiberto Zovico (Egea editore). I temi affrontati? Ritorno alle nostre origini: un Paese manifatturiero; Grandi, piccoli o medi? L’importante è essere primi; Filiere e distretti: l’evoluzione dei modelli; Chi vince e chi perde: una divaricazione crescente. E poi: Allarme forza lavoro (qualificata ma non solo); La soglia dei 50: o si managerializza o si muore; Acquisizioni estere, un trend da monitorare.
Infine, Le banche non servono più; Gli studenti a noi, la ricerca all’estero; I pericoli del neo-regionalismo; La rappresentanza da reinventare. Come viene spiegato, unite dalla resilienza (parola sempre più utilizzata di questi tempi, quasi di moda) e dalla capacità di imparare anche dalle scelte errate che accompagnano l’evoluzione di ogni azienda, sono realtà i cui modelli di business si dimostrano efficienti anche in presenza di fattori avversi. È su un gruppo selezionato di questi outsider che il volume fa luce: 500 champions cresciuti negli ultimi anni a tassi a doppia cifra, con livelli eccellenti di redditività e una solidità patrimoniale e finanziaria che garantisce l’indipendenza dal sistema bancario.
Attenzione particolare è dedicata alle sfide che queste imprese e le istituzioni di riferimento devono affrontare nei prossimi anni per poter fare di questo straordinario patrimonio imprenditoriale un motore reale di ripresa per l’intero Paese. E poi ci sono naturalmente le storie delle aziende come quelle di Amer (il modello verticale), Astoria (la redditività a prescindere dal settore), Bella Italia (i margini anche nel low cost), Brevetti CEA (coltivare le nicchie), Cattelan Italia (la forza del made in Italy), Co.Mac. (le persone fanno l’azienda), Comelit e GPS (investire a prescindere dagli incentivi), Innova Group (l’arte di migliorare con lean e 4.0), Kask (le vie dell’innovazione sono infinite), Lurisia (il magazzino e la logistica come sfide culturali), Manifattura Colombo (scelte controcorrente), Traconf (il cliente al centro).