C’è un’importante novità su amnistia e indulto ovvero il cambiamento delle maggioranza richiesta alle Camere nel caso in cui al referendum costituzionale del 4 dicembre dovesse vincere il sì. Succede infatti che la procedura per la concessione delle due misure diventerebbe più semplice perché il Senato non sarebbe più chiamato a esprimersi. In buona sostanza, l’eventuale accensione del semaforo verde ai provvedimenti di amnistia e indulto spetterebbe solo alla Camera dei deputati. Più esattamente occorrerebbe una maggioranza dei due terzi dei deputati. Si tratta naturalmente di un dibattito ipotetico perché è prima indispensabile che approdi in Aula un disegno di legge.

La stretta attualità non passa solo dalle prospettive su amnistia e indulto, ma anche da due importanti sentenze della Corte di cassazione. La prima della Sezione III penale stabilisce che il giudice non può negare la sospensione condizionale della pena, motivando il no con la convinzione che la permanenza in carcere favorirebbe un percorso virtuoso di revisione critica della pregressa condotta criminale che sarebbe invece impedito con la concessione del beneficio. La Corte di cassazione ricorda che agendo così si attribuiscono all’istituto finalità improprie e si entra in rotta di collisione con il principio secondo il quale, la sospensione condizionale può essere negata soltanto se il giudice presume che il colpevole non si asterrà dal commettere altri reati.

La seconda, questa volta firma della Sezione V penale e anch’essa consultabile online, prevede che il giudice del riesame non può negare il ricovero in comunità terapeutica, con il controllo elettronico, motivando solo con il rischio di contatti con altre persone con precedenti penali. La Cassazione accoglie il ricorso di un tossicodipendente condannato per aver sequestrato una persona allo scopo di riavere del denaro incautamente prestato. Per i giudici non era stata motivata la non adeguatezza della misura.

Al di del confini italiani, nei giorni scorsi la Corte di giustizia dell’Unione europea con sede a Lussemburgo ha condannato l’Italia per non aver recepito in maniera corretta e completa la direttiva europea che prevede un sistema di indennizzo per le vittime di qualsiasi reato violento commesso sul proprio territorio anche nel caso in cui le vittime siano cittadini di un altro Stato membro. Lo ha reso noto la stessa Corte. La condanna arriva in seguito al ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione europea. Per Bruxelles, l’Italia non ha creato un sistema generale d’indennizzo in grado di coprire tutti i tipi di reati dolosi violenti.

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