La società di Cupertino continua a mostrarsi fortemente interessata al settore delle auto. E dopo aver messo momentaneamente da parte il progetto di una iCar o di una Apple Car, ecco che ha adesso siglato una partnership con Volkswagen Group per abbinare a diversi furgoni elettrici T6 Transporter il suo software per la guida autonoma. Si tratta in buona sostanza di veicoli che non hanno bisogno di alcun conducente per la sua guida. Nulla di nuovo, verrebbe da dire, considerando l’interesse anche di altri player. Ma questa volta c’è di mezzo Apple che, per filosofia aziendale, non ama arrivare prima degli altri, ma semplicemente di fare meglio degli altri.

I mezzi saranno usati per trasportare i dipendenti della multinazionale all’interno del suo campus. Si conferma, così, l’orientamento di Apple nel rinunciare a costruire una sua auto autonoma per concentrarsi sullo sviluppo di un software da dare in licenza a produttori di automobili.

Ma rallenta la corsa delle imprese

Dopo l’incidente in cui un’auto a guida autonoma della flotta di Uber ha ucciso una donna cosa succederà ai programmi delle aziende, almeno una ventina, che stanno lavorando a questa tecnologia? L’ipotesi più probabile, spiegano gli esperti interpellati dalla rivista del Mit, è che ci sia un rallentamento, soprattutto perché le compagnie stanno aspettando adeguamenti delle leggi che rendano più facile mettere le self driving car sulle strade. Negli Stati Uniti poche settimane fa Waymo, una costola di Google, Uber e altre aziende hanno chiesto al Congresso di approvare una legge che spianerebbe la strada all’utilizzo su larga scala, ma l’incidente potrebbe rallentarne l’iter.

Soprattutto alla luce del’apertura di una indagine da parte delle principali agenzie di sicurezza stradale degli Stati Uniti, la National HighwayTraffic safety administration e la National transportation safety board. «L’incidente è una prova chiara che non è ancora il caso – commenta Bryan Reimer, esperto del Mit -. Finché non capiremo meglio questi sistemi dobbiamo prenderci più tempo». La collisione, per Subbarao Kambhapati, Arizona State University, dimostra anche che la presenza di guidatori umani a bordo durante i test non garantisce la sicurezza. Nel caso della donna investita i primi rilievi affermano che l’auto fosse in modalità autonoma, ma non è chiaro perché il guidatore umano non sia riuscito a prendere il controllo.

L’abilità dei guidatori di sicurezza di tenere sotto controllo i sistemi è da dimostrare – precisa l’esperto – e c’è anche una difficoltà di comunicazione tra auto che si guidano da sole e pedoni. Sui motivi dell’incidente non ci sono ancora ipotesi. Il sensore non ha rilevato la presenza della donna – ipotizza Ryan Calo dell’università di Washington -, o l’algoritmo non ha capito cosa vedeva. Anche al di qua dell’Atlantico è probabile che le auto a guida autonoma avranno vita piuttosto difficile nel futuro.

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