Sarebbe stato il settimo campus realizzato da Google nel mondo, dopo quelli di Londra, Tel Aviv, Madrid, Seul, San Paolo e Varsavia. Al suo interno ci sarebbe stato un incubatore di start-up, con ricadute positive per l’occupazione. Ma gli abitanti di Kreuzberg, il quartiere bohemien di sinistra di Berlino, si sono opposti. In prima fila i tanti attivisti anti-gentrificazione, secondo i quali l’arrivo della multinazionale di Mountain View avrebbe contribuito a scacciare gli abitanti meno abbienti dal quartiere. L’accusa è precisa: il campus di Google nel sito di una ex centrale elettrica al Paul-Linke-Ufer avrebbe snaturato Kreuzberg, una delle più vivaci circoscrizioni di Berlino.
Questo è infatti il ritrovo di artisti, movida, ristoranti etnici, migranti anche di seconda e terza generazione, circoli politici di sinistra. Dopo settimane di manifestazioni ostili, alla fine Google ha preferito gettare la spugna e rinunciare al progetto. Al posto del campus sorgerà una Casa per l’impegno sociale, gestita dalla piattaforma digitale Betterplace per raccolta fondi di beneficenza e dall’associazione Karuna, che si occupa di programmi per bambini e adolescenti bisognosi.
E Google cambia strategia in Europa: app a pagamento
Google cambia modello di business in Europa, dove a luglio ha ricevuto dalla Commissione europea una multa da 4,34 miliardi per abuso di posizione dominante con Android. Ora le app del gruppo, come Gmail, YouTube e Google Maps, potranno essere preinstallate su quei dispositivi dotati del sistema operativo Android a un determinato prezzo e non più gratis. A pagare il prezzo saranno comunque produttori dei dispositivi stessi. Il tutto anche se l’azienda a stelle e strisce ha già proposto ricorso contro la decisione europea. Ogni giorno di mancato rispetto della decisione può costare a Google una multa ulteriore fino al 5% dei ricavi giornalieri mondiali.
L’Europa parla chiaro: Google non può più obbligare i produttori di smartphone Android a preinstallare il suo motore di ricerca e il browser Chrome come condizione per preinstallare anche Play Store. La società di Mountain View avrebbe così messo fine a questa restrizione, ma inizierà a chiedere una somma per ogni dispositivo se il produttore vuole le app del gruppo che includono anche Play Store. In ogni caso nessun allarmismo eccessivo perché l’importo sarà contenuta e applicato nella stessa misura a tutti i gruppi produttori, sia esso Samsung, Huawei o LG, solo per ricordare alcuni. Secondo la società di ricerca Idc, lo scorso anno cittadini e aziende europei hanno comprato 94 milioni di smartphone, a dimostrazione della vivacità di questo segmento di mercato.