Lo avevamo anticipato: è arrivata una prima svolta per la diffusione della banda larga in Italia ovvero l’arrivo dell’Adsl in alcune zone d’Italia ancora sprovviste. C’è infatti il via libera dell’Europa al Piano per la banda ultralarga dell’Italia da quattro miliardi di euro, che ora può partire a tutti gli effetti per cercare di portare una connessione Internet ad alta velocità all’85% della popolazione. Le prime regioni interessate sono Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto nelle cosiddette aree a fallimento di mercato ovvero quelle in cui i privati non intendono investire in proprio perché economicamente non convenienti.

Per l’Antitrust europea è in linea con le regole europee sugli aiuti di Stato, in quanto interviene nelle aree in cui l’intervento privato da solo non basta ma senza falsare la concorrenza. Un risultato che consentirà di «tornare ad avere una rete pubblica nelle aree bianche», ha sottolineato il sottosegretario Antonello Giacomelli, ottenuto «grazie alla buona cooperazione con l’Italia», ha riconosciuto la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager. In linea con gli obiettivi del mercato unico digitale, la strategia italiana per la banda ultralarga mira ad aumentare la copertura della connessione ad alta velocità, contribuendo così al raggiungimento dell’obiettivo nazionale di estenderla all’85% della popolazione e a tutti gli edifici pubblici, in particolare a scuole e ospedali, con una connettività di almeno 100 Mbps.

Il piano sarà in vigore fino al 31 dicembre 2022 e lo Stato finanzierà completamente la nuova infrastruttura, che resterà di proprietà pubblica, mentre incaricherà un concessionario della gestione della rete. Ancora gli ultimi dati di Akamai mostrano che, nonostante un boom del 20% di connessioni nel primo trimestre rispetto a un anno fa raggiungendo l’83% del totale, l’Italia con una velocità media di 8,2 Mbps non riesce a tenere il passo e solo il 7% viaggia a 15 Mbps o più.

Il piano italiano, secondo l’analisi di Bruxelles, ha diversi punti forti: «Comporterà la spesa di denaro pubblico per aree poco servite senza escludere gli investimenti privati», poi «promuoverà l’utilizzo delle infrastrutture esistenti», inoltre «stimolerà la concorrenza tra operatori e al livello del mercato al dettaglio», e infine «comporterà la concessione di aiuti di stato mediante gare di appalto aperte» e «rispettose del principio della neutralità tecnologica». Per questo, ha sottolineato Giacomelli, «sbaglia chi pensa che le aree bianche siano poco interessanti dal punto di vista economico»: queste riguardano 7.300 comuni italiani su ottomila e 13 milioni di cittadini, senza contare il fatto che, per esempio, più del 70% delle imprese lombarde si trova in aree a fallimento di mercato. Per questo, secondo il direttore generale della Dg Connect della Commissione europea Roberto Viola si tratta di «un giorno storico».

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