Viene in mente una delle tre leggi della robotica di Isaac Asimov: “Un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva un danno”. Perché, secondo il World Economic Forum (Wef), entro pochi anni il 2025 circa metà dei lavori attualmente esistenti sarà svolta da un robot. Più di preciso, il 50% delle attuali mansioni lavorative sarà eseguita da macchine automatizzate, contro il 29% di oggi. Eppure, non è corretto citare Asimov, almeno secondo questo studio: nel rapporto si evidenzia infatti che le prospettive del mercato del lavoro sono positive, visto che entro il 2022 si creeranno 133 milioni di nuovi posti a fronte dell’automazione di 75 milioni di mansioni.
La ricerca del World Economic Forum
Il Wef calcola che lo sviluppo del mercato del lavoro favorirà la crescita dei ruoli legati all’information technology (l’uso di qualsiasi computer, sistema di archiviazione, di networking e altri dispositivi fisici, infrastrutture e processi per creare, elaborare, archiviare, proteggere e scambiare dati elettronici in ogni formato). Quindi, buona notizie per gli esperti di analisi dei dati e gli scienziati, seguiti dagli specialisti in intelligenza artificiale e manager gestionali. A seguire gli sviluppatori di software e i professionisti dei settori vendite e marketing. A scomparire invece saranno 75 milioni di posti di lavoro.
La maggior parte legati all’inserimento manuale dei dati nei sistemi informatici e allo svolgimento dei compiti amministrativi come la compilazione delle buste paga e dei libri contabili. La sfida, a questo punto, è la formazione: entro il 2022, ogni lavoratore in media avrà necessità di 101 giorni di apprendimento. E il 54% dei dipendenti dei grandi gruppi avrà bisogno di nuova formazione o di un innalzamento del livello della sua formazione. Già uno studio McKinsey Global diffuso nel 2017 indicava come lavori che hanno più probabilità di essere sostituiti dai robot siano quelli fisici, svolti in ambienti standardizzati: operai in fabbrica o addetti dei fastfood. Ma anche contabili, assistenti legali, impiegati, addetti alla logistica.
Ed è del maggio scorso il caso di un operaio 61enne, disabile, che a Milano ha perso il lavoro perché una macchina sapeva porre tappi provvisori sui flaconi in modo automatico, come ha detto l’azienda.