Questa dell’indiivuazione del nuovo centro di fusione nucleare pulita è una vicenda che ha tutti i contorni della tipica storia italiana. Perché da una parte c’è una città, Frascati, che ha sbaragliato tutti i concorrenti. Ma una parte di essere è sul piede di guerra contestando giudici e composizione della commissione di valutazione. La classifica finale vede piazzarsi dopo la città laziale la Cittadella della ricerca di Brindisi (Puglia) e quindi il sito di Manoppello, in provincia di Pescara (Abruzzo). A seguire Brasimone (Emilia Romagna), Casale Monferrato (Piemonte), Capitolo San Matteo-Salerno (Campania), Porto Marghera (Veneto), Ferrania (Liguria) e La Spezia (Liguria). Ma secondo alcuni esponenti del sud del Partito democratico si tratta di una graduatoria in cui ad aver avuto un peso preponderante è stato proprio il personale Enea di Frascati.
A ogni modo, Enea coordina il programma nazionale di ricerca sulla fusione e del consorzio Ica (Italian consortium for applied superconductivity) che ha un ruolo attivo nella produzione di componenti nell’ambito del Broader Approach e di Iter, il progetto mondiale da 20 miliardi di euro concepito per dimostrare la fattibilità della produzione di energia da fusione realizzando un reattore sperimentale a Cadarache, in Francia. La Divertor Tokamak Test facility di cui Frascati sarà protagonista per fornire risposte scientifiche e tecnologiche ad alcuni problemi complessi del processo di fusione e si pone come anello di collegamento tra i grandi progetti internazionali.