Sono più di 300 le applicazioni presenti nel Google Play Store che nel 2017 contenevano malware e sono state scaricate da più di 106 milioni di utenti ovvero da possessori di smartphone e tablet. Sono i dati del Security Report 2018 di Check Point Software Technologies che punta l’attenzione anche sugli attacchi ai dispositivi connessi, il cosiddetto Internet of things (Internet delle cose) che – come si legge testualmente nel focus – sarà sempre più sfruttato dai cybercriminali. Tra i virus nel Google Play Store di Android scoperti da CheckPoint c’è Expensive-Wall, il cui funzionamento è tra i più subdoli: spedisce sms fraudolenti e addebita agli utenti servizi contraffatti a loro insaputa.
Come fa notare CheckPoint in riferimento allo scoperta di oltre 300 app per smartphone e tablet Android infettate da virus, poiché gli utenti non sono generalmente a conoscenza dell’elemento di sicurezza dei loro dispositivi Internet of things domestici, tendono a lasciare le impostazioni predefinite nel loro stato originale. Questo lascia la porta aperta agli hacker che hanno la possibilità di accedere alla rete domestica di un utente. Non solo, ma il campanello d’allarme scatta anche per le aziende, considerando che più dispositivi intelligenti sono integrati nel tessuto delle reti aziendali e anche in reti più ampie. A detta dei ricercatori, le organizzazioni dovranno iniziare a utilizzare migliori pratiche di sicurezza per i dispositivi e le reti a cui si connettono.
Un osservatorio sui robot nelle chat
Ma non si tratta dell’unico report che sta facendo discutere in questi giorni. E anzi, sotto altri certi punti di vista si tratta dell’ennesimo allarme. Oltre la metà delle conversazioni più accese online e nei social network non è dovuto alle persone ma alle reti di account automatizzate (botnet), usate da chi ha interesse a influenzare una discussione nel momento in cui gli scambi si moltiplicano. Occhio alle botnet, sottolinea dunque l’esperto di IT Renato Gabriele, fondatore di Oohmm (Observatory of Online Harassment and Media Manipulation), presentando l’attività di analisi dati su questi political Bots o polbots, in azione nei momenti pubblici importanti, non solo alle elezioni.
E anche su Twitter ci sono più software che essere umani. O almeno così sembrerebbe dallo studio condotto dal Pew Research Center, secondo cui sul microblog sono più attivi i bot, programmi che postano notizie automaticamente, che persone in carne e ossa. In pratica, secondo l’analisi, due tweet su tre sono gestiti direttamente dai bot evidenziando così il “ruolo pervasivo che gli account automatici hanno nel diffondere link”. I ricercatori hanno monitorato 2.315 siti popolari, analizzando per sei settimane 1,2 milioni di tweet contenenti link ai siti stessi.