Il dado è tratto, verrebbe da dire citando la frase attribuita a Giulio Cesare in sella al suo cavallo dopo aver attraversato il Rubicone. Perché Tim ha ufficialmente annunciato la sua volontà di proceder a una stretta: 7.500 tagli in tre anni. L’azienda propone ai sindacati uscite volontarie con prepensionamenti e duemila assunzioni ricorrendo alla legge Fornero. Il tutto da formalizzare con il Piano industriali, atteso per il 6 marzo. È quello che prevede il piano di gestione degli organici, sul quale invoca un accordo. Ma le organizzazioni sindacali vogliono vederci chiaro e promettono di vendere cara la pelle, chiedendo approfondimenti e respingendo le scadenze imposte.
Verso il Piano industriale del 6 marzo
Dopo le indiscrezioni sugli esuberi delle scorse settimane, la riunione tra la delegazione sindacale e il responsabile delle risorse umane Agostino Nuzzolo è stata in primo luogo l’occasione per mettere i numeri nero su bianco. Secondo quanto hanno riferito i sindacati l’azienda propone uscite volontarie ricorrendo alla legge Fornero – in sostanza prepensionamenti a sette anni, così come previsto dall’ultima legge di Bilancio – concentrate nel solo 2018 per un totale stimato pari a circa quattromila unità, a cui si aggiungono esodi incentivati con 28-30 mensilità nel triennio 2018-2019-2020 per circa 2.500 unità. Sull’altro piatto della bilancia il gruppo mette circa duemila assunzioni da realizzare con il criterio, finora mai utilizzato, della cosiddetta solidarietà espansiva
In buona sostanza, i nuovi ingressi verrebbero finanziati con 20 minuti di solidarietà al giorno da applicare in maniera strutturale a tutto il personale. Un piano sostanzioso che per essere realizzato necessita di non pochi fondi se, come hanno sottolineato alcune fonti sindacali, i 700 milioni di euro di cui si è parlato in questi giorni sicuramente non bastano. Messe le carte in tavola, l’azienda si aspetta adesso un confronto serrato, per arrivare a un accordo entro il 6 marzo. L’obiettivo è quello di presentarsi alla comunità finanziaria per presentare il nuovo piano strategico con l’intesa in tasca. Non sarà tuttavia semplice raggiungere l’accordo in tempi così brevi.
I rappresentanti dei lavoratori, pur disponibili al confronto di merito, in prima battuta avvertono che sono necessari approfondimenti, in particolare sulle tutele per chi se ne va e alla decurtazione economica per chi resta. Inoltre rifiutano con determinazione la scadenza imposta dall’azienda, considerata la grande complessità delle tematiche esposte. Le sigle hanno ben presente che, se l’accordo non si farà, Tim ha strumenti alternativi da far valere che forse non convengono a nessuno, come la cassa integrazione.