Il futuro dell’export italiano passa dall’ecommerce. Ma le imprese faticano ancora a connettersi alla rivoluzione digitale delle vendite. Gli esperti del settore l’hanno battezzato ecommerce crossborder: ovvero la possibilità per un’impresa di vendere beni e servizi all’estero attraverso uno o più canali online, utilizzando piattaforme in esclusiva e di proprietà o appoggiandosi a provider esterni, i grandi marketplace come Amazon o eBay. Si tratta, evidentemente, di una opportunità per le realtà più piccole, quelle che costituiscono buona parte del tessuto produttivo italiano. Oggi l’ecommerce crossborder globale vale circa 300 miliardi di dollari.
Tuttavia le aziende italiane, anche quelle più votate all’export, rimangono ai margini di questo cambiamento. L’osservatorio export della School of Management del Politecnico di Milano stima che le vendite oltre confine del made in Italy realizzate online assorbono appena il 4% del totale dell’export per circa 6 miliardi di euro. Per Netcomm, il consorzio del commercio elettronico, le imprese che hanno sviluppato strategie di vendita multicanale sono quarantamila in Italia, mentre in Europa ce ne sono 800mila e nella sola Francia 200mila. E anche l’ecommerce domestico, che comunque mostra una crescita a doppia cifra, per circa venti miliardi di euro di fatturato, stenta davvero a prendere il volo per l’universo di imprese manifatturiere.
Buona parte del giro d’affari, fino al 60%, è legato ai servizi, soprattutto turistici, di prenotazioni hotel, voli o case vacanze. I prodotti che volano all’estero utilizzando il trampolino del digitale sono invece quelli della tradizione del made in Italy: il 65% delle esportazioni online riguarda il fashion, il 15% il food e altrettanto vale il design. I grandi provider internazionali di piattaforme di ecommerce offrono tutti i servizi per arrivare in altri mercati, basti pensare all’iniziativa di Alibaba per mettere in vetrinai vini italiani in Cina, oppure a quelle di Amazon rivolte alle botteghe artigiane del made in Italy.
Numeri alla mano e prospettive ben in mente, l’export indiretto delle imprese italiane, quello abilitato da operatori stranieri vale ben 4,5 miliardi di euro, mentre 1,5 miliardi di euro sono generati da piattaforme italiane (come Yoox o Ermenegildo Zegna), oppure a capitale estero ma con base in Italia. Tuttavia riuscire a emergere in questi immensi supermercati virtuali non è affatto agevole e servono piattaforme più abili, oltre che specializzate nel raccontare i nostri prodotti.